Il commerciante di bottoni by Erika Silvestri

Il commerciante di bottoni by Erika Silvestri

autore:Erika Silvestri [Silvestri, Erika]
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2016-01-14T23:00:00+00:00


Fisso il pavimento per dare a Sami il tempo di riprendersi. Lui guarda Piero, che è seduto sulla poltrona di fronte.

Si sorridono. «Siamo nati due volte, io e Piero.»

Non ho dovuto insistere per farmi raccontare di Auschwitz. Sami mette subito in chiaro che quella è diventata la sua missione.

Selma gli ricorda di prendere le pillole per la pressione, prima di iniziare a parlare, e per un momento ho il dubbio che le prenda solo quando ricorda la prigionia.

«Fratello mio, ma come abbiamo fatto a salvarci?»

Mi parla, i lineamenti ancora belli, gli occhi dallo sguardo gentile che diventano freddi solo quando inizia a parlare dei tedeschi che l’hanno portato via da Rodi.

Lui e Piero si sono conosciuti in una baracca di Birkenau e insieme hanno deciso di non morire. Di tornarsene a casa per poter prendere un giorno un caffè in salotto, come due vecchi amici che non si vedono da tanto tempo.

Non riesce ancora a nascondere quanto gli sembra strano di essere uscito vivo da lì, me lo dice subito, poi si volta verso Piero e lo dice anche a lui con le stesse parole, che però stavolta hanno un suono diverso.

Gli chiedo se ricorda il giorno in cui si conobbero. Sami ha gli occhi lucidi, ma riesce a non piangere. Fa una strana impressione, stare seduta accanto a quest’uomo che si sforza di parlare e trattiene le lacrime. È un uomo forte, con una dignità enorme.

«Questo qui è mio fratello. Anzi, è più di un fratello, perché abbiamo vissuto insieme certe cose che… che neanche si possono raccontare. Cadaveri, morti. Quando hanno liberato il campo a Birkenau c’erano più morti che vivi.»

Mi guarda come per dirmi “vorrei raccontarti tutto, ma non basterebbe comunque a farti capire cos’era.”

E forse è così, forse davvero non servirebbe.

Si sono conosciuti nel blocco 29 del campo D, dove Sami è stato mandato dopo la quarantena e dove Piero era già da qualche mese. Non conoscevano nessuno, si videro e si riconobbero l’uno nell’altro. Piero aveva quindici anni, Sami nemmeno quattordici.

«Legammo subito, nacque un’amicizia vera, profonda, fraterna. Avevamo tutti e due bisogno di un punto di riferimento.»

«Lavoravate nello stesso commando?» chiedo io.

«No. Ma quando la sera tornavamo dal lavoro ci raccontavamo tutto.»

Piero interviene: «Ma non parlavamo mai di morte, di camere a gas, di crematori. Forse solo qualche volta di sfuggita, come se la vita dovesse continuare il suo corso, anche se sapevamo che da un momento all’altro avremmo potuto non rivederci più.»

Sami si volta verso di me, capisco che vuole dire qualcosa e mi avvicino per ascoltare meglio.

«Ti voglio raccontare un episodio. Una sera ero nel mio block, vicino alla stufa, in un angolo, e poco più in là vidi un gruppo di prigionieri che parlavano tra loro. Uno di questi mi chiamò, disse che volevano recitare un Kaddish ma avevano bisogno di un’altra persona. Credo che fossero ungheresi. Risposi che non potevo perché non avevo ancora fatto il Bar Mitzvah per la maturità religiosa. L’uomo che mi aveva chiamato rimase stupito. Disse che



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